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Tribunali Emilia-Romagna > Contratti a termine
Data: 17/04/2004
Giudice: Vezzosi
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 54/04
Parti: Palazzo / Trancerie Emiliane SpA
TRIBUNALE DI PARMA - CONTRATTI A TERMINE - RICHIAMO TARDIVO A CAUSALI PREVISTA DA ACCORDO AZIENDALE - NULLITA' DELL'APPOSIZIONE DEL TERMINE


Il C.C.N.L. 5.7.94 per l'industria metalmeccanica, avvalendosi della facoltà di cui all'art. 23 legge 56/87, consentiva le assunzioni a termine in vari casi; fra questi, "per punte di più intensa attività derivanti dall'acquisizione di commesse o per lancio di nuovi prodotti che, per i volumi o per i termini di consegna, non (fosse) possibile eseguire in base al normale organico e ai normali programmi di lavoro"; determinava inoltre le percentuali massime di lavoratori a termine che sarebbe stato possibile assumere nelle varie ipotesi previste; concludeva stabilendo che tali percentuali avrebbero potuto essere modificati con accordo sindacale. Con un accordo aziendale del 5.2.98 (avente durata limitata al 31.12.98) la R.S.U. di un'azienda metalmeccanica (allargando i limiti fissati dal C.C.N.L.) ha convenuto che veniva individuata una "ulteriore fattispecie" di lecito contratto a termine, in caso di "punte di più intensa attività connesse a richieste di mercato indifferibili cui non (fosse) possibile far fronte con il normale organico". L'azienda, il 2.5.2000, ha assunto a termine una lavoratrice, così indicando la relativa causale: "legge 18.4.62 n. 230, art. 1 e legge 28.2.87 n. 56, art. 23". Evocata in giudizio dalla lavoratrice, una volta scaduto il termine, per sentir dichiarare nulla l'apposizione del termine stesso, la datrice di lavoro si è difesa sostenendo di avere dato applicazione al menzionato accordo aziendale, da ritenersi ancora in vigore nel 2000. Il Tribunale ha accolto la domanda della lavoratrice e dichiarato nulla l'apposizione di un termine di durata al rapporto di lavoro considerando che: a) "se si fosse voluto assumere ai sensi dell'accordo aziendale, si sarebbe dovuto indicare lo stesso tra le fonti normative (e/o contrattuali) che si intendevano applicare, con specifica ed esplicita previsione sia della fattispecie di assunzione, sia delle ragioni che la stessa hanno legittimato"; vero è che secondo un orientamento giurisprudenziale (Cass. 10607/02) la forma scritta è necessaria "solo per l'apposizione del termine di durata del rapporto di lavoro e no anche per le particolari situazioni di fatto che … giustificano il ricorso al contratto a termine"; nel caso di specie, però, il principio non trova applicazione, poiché, essendo stato esplicitamente detto, nel contratto, che si voleva applicare una determinata normativa (l. 230/62, art. 1; legge 56/87, art. 23) "non pare consentito in fase giudiziale … estendere il contratto applicando allo stesso altra normativa"; b) in ogni caso: l'accordo 5.2.98 era inapplicabile perché scaduto il 31.12.98; e non è "consentito sostenere che vi fu … proroga tacita … solo perché" l'azienda, "con operazione unilaterale ed illegittima", aveva "continuato a dare applicazione" all'accordo; essendo stata la durata di questo "circoscritta, per esplicita volontà", al 31.12.98, l'eventuale proroga di tale scadenza avrebbe dovuto farsi egualmente per iscritto; c) ancora: l'accordo aziendale violava le disposizioni del C.C.N.L. (punto 5 della premessa; art. 38 della disciplina generale, sezione terza) secondo cui in sede aziendale non possono essere trattate materie già regolate a livello nazionale, salvo che non esistano specifiche clausole di rinvio; nel caso di specie la contrattazione aziendale disciplina l'intera materia del contratto a termine e consente alla contrattazione nazionale di intervenire solo per modificare le percentuali massime di lavoratori a termine assumendi dalle imprese; l'accordo 5.2.98, "prevedendo una ulteriore ipotesi di contratto a termine", era, quindi, illegittimo




Tribunali Emilia-Romagna > Contratti a termine
Data: 19/01/2010
Giudice: Ponterio
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento:
Parti: GIUSEPPE G./ POSTE ITALIANE SPA
TRIBUNALE DI MODENA - CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO – ART. 2, COMMA 1 BIS D.LGS. 368/2001 - ILLEGITTIMITA’ PER CONTRASTO CON LA NORMATIVA COMUNITARIA IN MATERIA DI CONTRATTI A TERMINE – DISAPPLICAZIONE DELLA NORMA INTERNA


Artt. 1 e 2, comma 1 bis d.lgs. 368/2001

Direttiva 99/70/CE

 

Il Tribunale di Modena accoglie il ricorso proposto da un lavoratore al fine di ottenere l’accertamento dell’illegittimità dei contratti a termine, stipulati tutti ai sensi dell’art. 2, comma 1 bis del d.lgs. 368/2001 e la conseguente condanna alla costituzione del rapporto a tempo indeterminato ed al risarcimento del danno.

Poste Italiane spa si costituiva in giudizio contestando le pretese del lavoratore e affermando la legittimità dei contratti.

La pronuncia si inserisce in un ampio contenzioso che ha ad oggetto l’interpretazione dell’art. 2, comma 1 bis del d.lgs. 368/2001, introdotto con l’art. 1, comma 558 della legge 266/2005 (legge finanziaria per l’anno 2006)  che consente a Poste Italiane spa, dal 1 gennaio 2006, l’assunzione a termine di lavoratori, nella misura del 15% dell’organico, senza necessità di specificare le causali dell’assunzione.

Sulla questione si è pronunciata, con sentenza n. 214/2009, la Corte Costituzionale, a seguito di ordinanza di rimessione del 26.2.2008 del Tribunale di Roma, ritenendo infondata la questione di legittimità rispetto all’art. 3 della Cost.

Attualmente la compatibilità di tale norma nazionale con la direttiva 1999/70/CE, a seguito di ordinanza di rimessione del 25.11.2009  del Tribunale di Trani, è al vaglio della Corte di Giustizia delle Comunità Europee.

Nel frattempo sono intervenute numerose sentenze di merito che hanno accolto i ricorsi dei lavoratori assunti con più contratti a termine motivati dalla suddetta disposizione, ritenendoli illegittimi, in particolare, per violazione della clausola 5 della direttiva 1999/70/CE (cfr. ad esempio Corte d’Appello di Milano 13.4.2010, Tomera Irene c/ Poste Italiane spa, Cons. est. Dott.ssa Angela Cincotti; Tribunale di Trani, sentenza 16.11.2009, est. Dott.ssa Antonietta La Notte Chirone; Tribunale di Siena, sentenza 23.11.2009, est.  Dott. Delio Cammarosano; Tribunale di Roma, sentenza 31.3.2009, est. Dott.ssa Donatella Casari; Tribunale Milano, sentenza 9.10.2009, est- Dott.ssa Graziella Mascarello).

Il Giudice modenese, in accoglimento del ricorso, si sofferma sui profili di incompatibilità dell’art. 2, comma 1 bis con la disciplina comunitaria del contratto a termine. In particolare il Tribunale rinviene detto contrasto con gli artt. 3 e 5 della direttiva 99/70/CE, affermando con specifico riferimento all’art. 3 “La clausola n. 3, poiché fa riferimento a “condizioni oggettive” quali fattori che determinano il termine, sembra richiedere l’esistenza di ragioni giustificatrici oggettive anche per il primo e unico contratto a termine. L’utilizzo del verbo “determinare” implica di per sé un meccanismo di derivazione causale ed esclude quindi qualsiasi spazio per una scelta discrezionale.

Se il termine deve essere determinato da condizioni oggettive significa che devono esservi fattori causativi la cui azione rende necessaria o, comunque, giustifica da un punto di vista logico l’apposizione del termine. Il significato proprio dei termini adoperati nella clausola n. 3 porta ad escludere che l’apposizione del termine, nel primo come nei successivi contratti, possa essere frutto della discrezionalità delle parti, sganciata da fattori oggettivi e determinanti..” .

Tale interpretazione della direttiva comunitaria comporta, prosegue la sentenza in commento “una evidente contrarietà dell’art. 2 comma 1 bis, in quanto fattispecie acausale, rispetto alla direttiva comunitaria e, in particolare, rispetto alla clausola n. 3.

Il Giudice poi - richiamando la sentenza Angelikadi della Corte di Giustizia – rinviene il contrasto della disposizione nazionale anche rispetto all’art. 5 della direttiva CE sulla base delle seguenti argomentazioni “l’assenza nell’art. 2 comma 1 bis di ragioni oggettive che possano giustificare (la conclusione e) il rinnovo dei contratti a termine da parte delle imprese concessionarie dei servizi postali; il rilievo che l’esigenza, delineata dalla Corte Costituzionale, di disporre di una quota di lavoro flessibile in relazione allo svolgimento di un’attività di preminente interesse generale non costituisca una valida ragione obiettiva per giustificare il rinnovo dei contratti a termine; la sola previsione di limiti temporali massimi, nel contesto sopra descritto, non appare misura idonea a garantire da abusi nella successione dei contratti in quanto non preclude il ricorso ai contratti successivi seppure a fronte di esigenze permanenti e durevoli. L’art. 2 comma 1 bis si pone in contrasto con la clausola n. 5, rischia di pregiudicare l’effettività dell’accordo quadro ed il suo scopo che consiste nel proteggere i lavoratori dall’instabilità dell’impiego e finisce per svuotare di contenuto il principio secondo cui i contratti a tempo indeterminato costituiscono la forma generale dei rapporti di lavoro.

Da ultimo il Giudice rileva un contrasto con anche con l’art. 8, comma 3 della direttiva CE ovvero con la clausola di non regresso laddove “Il comma 1 bis dell’art. 2 dlgs 368/01, sebbene introdotto non in fase di prima trasposizione della direttiva ma successivamente, ad opera della legge 266/05, rappresenta all’evidenza una misura collegata all’applicazione dell’accordo quadro e, in particolare, diretta a modificare le norme nazionali già adottate in modo da restringere il campo di applicazione dell’ar dell’art. 1 dlgs 368/01 e da ampliare il numero delle ipotesi derogatorie”.

Per tutte tali motivazioni con la sentenza in commento il Giudice ha disapplicato la normativa interna e dichiarato illegittimi i contratti a termine.